Cosa accade ad un secondo incontro di scrittura creativa.

Al secondo incontro, le presentazioni, l'elenco delle motivazioni per cui ci si è iscritti, il piacere sincero di aver rivisto volti conosciuti e quello di poter far diventare famigliari gli altri, finisce in sfondo. 

Come quando ci si incontra nel punto di ritrovo per un viaggio e dopo i convenevoli, dopo essersi seduti sul pullman, a volte accanto a chi già conosciamo, altre volte vicino a qualcuno che avremo il tempo di conoscere durante il percorso, finalmente si parte. 

La prima tappa di questo viaggio ha un titolo: «ho fatto un sogno.»

Sognare è importante. 

Bisognerebbe darsi il permesso di farlo anche ad occhi ad occhi aperti.

Abituarsi a far uscire i propri sogni dai cassetti nei quali spesso li teniamo segregati. 

Salvator Dalì diceva che: «il corpo umano è pieno di cassetti segreti».

Ve ne propongo uno, scritto da una partecipante al corso che preferisce firmare il testo con una sigla: E.B. 

Vi auguro una buona lettura e se vi andasse di lasciare un commento, lo farò avere all'autrice. 


HO FATTO UN SOGNO di E.B. 

I ricordi infantili, complice una memoria incerta e un po’ di confusione, assumono spesso l’aspetto di sogni.

Sono passati sessant’anni e di questo ricordo, che sto per raccontare, non so quanto sia una visione onirica e quanto sia realtà.

Le immagini sfuocate, i suoni attutiti creano una sorta di magia, ed è facile confondere illusione, immaginazione, memoria.

Avevo cinque anni ed un lungo treno ha trasportato me e la mia vita dall’azzurro mare cristallino della Calabria alle aspre, selvatiche, dolci colline delle Langhe cuneesi.

Salire sul treno è stato come atterrare su un pianeta sconosciuto, certamente ostile ma non spaventoso. Uno scompartimento di sei posti, aria viziata, sedili color nocciola per nascondere lo sporco, ma allora io e i miei fratelli non ci abbiamo fatto caso, la nostra lotta era conquistare il posto vicino al finestrino.

Io e mio fratello, di fronte a me, avevamo conquistato il comando; ridevamo, ancora ignari, dei nuovi giorni che avrebbero scandito il nostro futuro. Mia madre e mia sorella sedute di fianco. Gli altri due passeggeri che guardavano con benevolenza quella giovane madre con tre figli vivaci ma educati.

Ricordo i sorrisi sfuocati dal tempo dei nostri compagni di viaggio, le nostre risate argentine ovattate dai lunghi anni trascorsi.

Il treno parte e non sento più alcun suono, i miei occhi si perdono nelle immagini che, come in un film, scorrono veloci fuori dal finestrino; i colori si fondono, il mare si allontana e questa giornata di fine settembre, mentre il sole si abbassa all’orizzonte, mette in risalto che ogni cosa non sarà più come prima.

 Continuo a guardare e il paesaggio si allunga e ritrae, e con meraviglia vedo cose che non ho mai visto: laghi, nuovi mari, montagne, città illuminate, strani esseri che sbucano tra gli alberi, nel cielo aerei che si abbassano sulle città e sembrano grandi uccelli che afferrano con le loro grandi zampe i tetti in lontananza.

Non è il mio primo viaggio, ma è come se lo fosse, degli altri non ho memoria.

Ci fermiamo alle stazioni delle città ed ogni volta sale sul treno un uomo che vende caffè e panini. Le voci si alzano: chi protesta, chi compra. Io guardo mia madre e lei mi fa cenno indicando la borsa che noi i panini li abbiamo, li ha preparati mia nonna. Il ricordo di lei mi commuove, il suo sforzo per non piangere e gli occhi azzurri colore del mare, pieni di lacrime. Ancora una volta il distacco da sua figlia minore e dai suoi amati nipoti. La vita è questa, va avanti e come il treno, non si può fermare.

Nonostante la vivacità delle stazioni, per lunghi tratti l’unico rumore che ci accompagna è lo scandire del treno, e il suo suono confortante si sovrappone ai miei pensieri che corrono ancora incoscienti verso l’ignoto.

Mi sento tirare, mia madre mi chiama insistente e mi dice: “Nora sveglia, siamo arrivati a Torino”.

Le luci dell’alba si riflettono opache nell’aria. La grande città, allora ancora sconosciuta per me, mi affascina e mentre mi sento spingere non posso fare a meno di essere incantata. È tutto veramente un sogno.

Il viaggio non è ancora finito, saliamo in macchina e ci avviamo verso la nostra meta.

Sono ancora assonnata e guardo in trance il mio nuovo mondo che mi sta venendo incontro. Non sono più l’azzurro ed il bagliore del sole a dominare la mia vita, ma mille sfumature di verde, di giallo, di rosso che come un quadro si affacciano in un benvenuto autunnale, stendendo il loro tappeto di foglie.

Sorrido, una nuova avventura mi aspetta. 




 

Commenti

  1. Molto bello, evocativo, ho viaggiato con Nora

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  2. L'incanto dell'infanzia, la gioia della scoperta, la voglia di vivere nuove emozioni e quell'incoscenza nell'affrontare l'ignoto...si è veramente un bel viaggio nel ricordo delle sensazioni e dell'ingenuità che ti ringrazio di aver evocato. Un ricordo luminoso.

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  3. Brava, un bel ricordo vissuto bene come tutti i bambini che vedono il bello ovunque. Spero che da quel bel ricordo la tua vita sia sempre stata fortunata. Un abbraccio ❤️.

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