Sesto incontro di scrittura creativa.

 

Da che cosa si parte nello scrivere un racconto?

Di cosa ha maggiormente bisogno chi lo scrive?

Di fantasia?

Di capacità di descrivere accuratamente i dettagli?

Di un titolo che faccia da «indicatore di contenuto»?

Di una immagine?

Di una musica?

Di saper interessare chi lo leggerà?

Di capire quante parole siano necessarie perché la storia sia efficacemente narrata?

Di silenzio?

E perché no? Di una stagione?

 

Novembre di G.C.


SAN MARTINO                              

“La nebbia agli irti colli

Piovigginando sale

E sotto il maestrale

Urla e biancheggia il mar;

Ma per le vie del borgo

Dal ribollir dei tini

Va l’aspro odor dei vini

L anime a rallegrar (…)

 

La poesia del Carducci mi consente di entrare nella stagione autunnale e specificatamente   nel mese di novembre così come lo vivevo io da ragazzo nel mio paese sito nel Monferrato Casalese.

Non c’era il mare ma l’atmosfera era la stessa.

La nebbia che specialmente al mattino avvolgeva ogni cosa si diradava poi verso mezzogiorno. I primi freddi cominciavano a farsi sentire specialmente la sera e alla notte e ci inducevano a stare ritirati in casa vicino alla stufa a legna o al caminetto che mandavano un piacevole tepore.

Allora sulle colline del Monferrato c’erano ancora molti vigneti che producevano molta uva adatta alla vinificazione e ogni agricoltore aveva al meno qualche filare per produrre vino per la propria famiglia.

In novembre il vino nuovo era ormai nei tini in attesa di essere travasato a dicembre.

Per di più un altro lavoro molto importante, la semina del frumento, era ormai ultimata.

Quindi gli agricoltori liberi dai lavori più rilevanti della stagione autunnale cercavano di passare qualche ora in serenità e allegria riunendosi alla sera nei locali del Circolo giocando a carte o a biliardo o discutendo animatamente sui fatti del giorno.

Nei giorni di festa o al sabato venivano preparate da alcune donne del paese cene per gustare il vino novello, i piatti erano quelli della tradizione piemontese bagna cauda, polenta accompagnata magari da qualche capo di selvaggina (lepre, fagiano) catturato dai cacciatori locali. 

Nelle feste importanti   non mancavano mai gli agnolotti o il risotto al vino.

Durante queste cene venivano raccontate da parte di qualche commensale delle storie ed esperienze vissute specialmente nel periodo della seconda guerra mondiale.

Sergio raccontava le sue avventure inverosimili durante la campagna d’Africa dove era stato inviato come soldato del Regio Esercito, raccontava le sue scorrerie insieme ad altri commilitoni nei villaggi etiopi, i suoi rapporti con i Ras locali e soprattutto con le ragazze del posto che, diceva, molto simpatiche e accoglienti.

Enrico invece raccontava la sua dolorosa permanenza in un campo di concentramento tedesco dove ormai disperato e affamato era riuscito a sopravvivere mangiando bucce di patate e altri resti provenienti dalla mensa delle SS. Inoltre aveva fatto amicizia con Isaia, ebreo italiano anch’esso prigioniero, che qualche ora prima di entrare nella camera a gas gli aveva regalato del cioccolato che era riuscito a portare con sé dall’Italia.

Questo a grandi linee è il novembre anzi l’autunno  che  si trascorreva parecchi  anni fa in un paese  posto sulle dolci colline del Monferrato Casalese dove si sentivano ancora  le conseguenze  della  Guerra   e la  vita   era ancora  scandita  dal  succedersi delle stagioni.  



 


Commenti

  1. Un affresco di vita contadina scomparsa, dolce e nostalgico!

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