Decimo incontro di scrittura creativa.

Le emozioni sono difficili! Lo sono da descrivere, da raccontare, da condividere, da riconoscere, da accettare. Si annidano dentro di noi e a volte esplodono con tutta la consapevolezza necessaria ad accettare la loro esistenza. 

Siamo tutti «bravi» quando dobbiamo condividere sensazioni considerate «buone», capaci di sottolineare quei valori che ci hanno insegnato, a volte, imposto, che ci hanno reso le persone che siamo. Ci sentiamo invece meno abili quando siamo invitati a parlare di quegli stati d'animo che non possono provocare o evocare sentimenti positivi. 

La sfida a cui invito tutti i partecipanti al mio corso è provarci! 

Non importa in quanto tempo, con quali parole, con che stile, ma provarci!

Il testo che vi propongo oggi, ha perfettamente assolto il compito assegnato, ovvero scrivere una storia che avesse che contenesse una rabbia «inopportuna».

Buona lettura! E se aveste voglia di lasciare un commento, sappiate che sarebbe il benvenuto!


Cara Odette     
di G.F.

 

Odette,

c’è mancato poco che scrivessi cara: l’educazione inculcatami fin da bambina stava per tradirmi.

Odette e basta, invece. Ti scrivo come si faceva forse cent’anni fa. Foglio e penna, in corsivo.

Volevo affrontarti a viso aperto, in una discussione civile. E in effetti all’appuntamento che ti avevo fissato, al bar dei Portici, ultimo tavolo nell’angolo a destra, ci sono quasi arrivata.

Ti ho vista di lontano, sempre perfettina, elegante, puntuale, ma non ce l’ho fatta ad avvicinarmi. Non perché mi mancasse il coraggio, ma perché ne avevo troppo e avrei potuto spingermi ben aldilà di una semplice conversazione.

Adesso scrivo con la destra mentre con la sinistra tengo la manina di Mimmo che si è appena addormentato dopo un pianto disperato: voleva che continuassi a leggergli la storia dei coniglietti dal libro che tu amorevolmente gli hai regalato qualche giorno fa. Adora quei coniglietti rosa che io detesto come il fumo negli occhi.

Non so se Luca, di là in soggiorno, è ancora sveglio davanti alla play-station con l’ultimo giochino che graziosamente gli hai donato.

Ogni volta che sei entrata in casa nostra avevi un omaggio per loro, i miei figli. Hai sfruttato tutte le occasioni, tutte le ricorrenze per essere presente. Maledizione, persino al funerale di mio suocero (del quale non poteva importartene di meno) ti sei presentata come una modella di Vogue dall’incedere regale. L’ombretto in tinta con l’abito è stato per me un pugno nello stomaco. Dubitavo di te, ma eri la collega, l’amica di famiglia e non pensavo che vi sareste spinti a tanto.

Il vostro ufficio, le vostre scrivanie una di fronte all’altra, la complicità nel lavoro. Cosa mi mancava per capire?

E invece ho aspettato che fosse il padre dei miei figli a spiattellarmi in faccia la vostra squallida storia.

Lui non ce la fa più, vuole incominciare una nuova vita con te; questa vita, la nostra, gli sta stretta, povero caro. Peccato che se ne accorga dopo due figli, una casa costruita insieme...e basta.

Odette, sto divagando. È a te che mi rivolgo adesso, e non per piangermi addosso. Avrei dovuto mandarti solo un messaggio breve e conciso: ti odio, vi odio con tutta me stessa.

Lui te lo incarto ben bene e te lo mando con i più velenosi auguri che mi vengono dal cuore. Il libro dei coniglietti l’ho bruciato in bagno, senza sporcare attorno, e adesso faccio a pezzi anche questa pagina come vorrei tanto fare a pezzi te.

Firmato: l’altra

.



 


Commenti

  1. Molto vero, attuale e toccante. Fa riflettere su come cambiano gli stati d'animo sullo stesso argomento (storia) in base a chi la sta vivendo o subendo.

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