Nono incontro di scrittura creativa

 

C’è (anzi ci sono sono) personaggi principali nelle storie che scriviamo di cui non sempre abbiamo piena consapevolezza.  

Sono le emozioni, positive, negative, utili, inutili, che danno consistenza ai personaggi, colore alle trame, senso al narrato.

Se da un lato le persone tendono a ricordare gli eventi meno gradevoli della propria vita, quando si tratta di raccontare le emozioni forti e negative, emerge sempre un pochino di riluttanza.

Una delle partecipanti al corso di scrittura creativa dell’Unitre, però ci è riuscita perfettamente a svolgere il compito richiesto.

 

O come odio
di P.C. alias Agnese

 

Lei mi chiede, signor giudice, se odiavo mio marito?

Me lo sono chiesto anch’io, sa. Certo, se arrivi a uccidere una persona, non la ami di sicuro, ma odiare … è una parola grossa.

La mia famiglia mi ha insegnato che l’odio è una brutta cosa, che, se desideri far del male a qualcuno, se detesti quella persona, non sei un buon cristiano, lo diceva anche padre Michele la domenica a messa. Io ho sempre voluto essere una buona cristiana e quindi sono sicura che non lo odiavo. 

Mi hanno insegnato anche che bisogna sempre perdonare, porgere l’altra guancia e io l’ho fatto, eccome se l’ho fatto, lei non sa quante volte.

Dopo pochi giorni che eravamo sposati, mio marito ha cominciato a picchiarmi. Sa, signor giudice, la prima volta, la ricordo ancora, la prima volta non si scorda mai. 

Ho infilato per caso una mia maglia rossa nella lavatrice e la sua biancheria è diventata rosa. 

Ha detto che volevo che i suoi amici lo prendessero in giro, che lo avevo fatto apposta perché pensassero che era dell’altra sponda ma, invece, non lo avevo proprio fatto apposta. 

Mi ha dato uno schiaffo talmente forte che ho dovuto mettere un sacchetto di piselli surgelati sulla guancia che è rimasta gonfia per due giorni. E siamo andati avanti così per tre anni, davvero troppo lunghi sia da raccontare che da ricordare. 

Trovava quasi ogni giorno una ragione per sgridarmi con male parole, per farmi sentire un’incapace e, se provavo a difendermi o a giustificarmi, arrivavano le sberle. 

Ho cercato di parlarne con mia madre ma non mi ha voluta nemmeno ascoltare, ha detto che una brava moglie non doveva mettere in imbarazzo il marito raccontando agli altri quello che succedeva dentro casa, che erano fatti nostri e lei non li voleva sapere. Ho cominciato a pensare che avesse ragione a darmele perché sbagliavo tante cose, ero maldestra, pasticciona, stavo sempre in casa a fare niente mentre lui lavorava e tornava stanco e nervoso, ho cominciato a credere che avesse ragione a trattarmi in quel modo. 

Però, poi, signor giudice, sono rimasta incinta e gli ero tanto grata per questo regalo che mi aveva fatto, nonostante non me lo meritassi. Un bambino tutto mio! Ero così felice! 

E anche lui sembrava contento e non mi picchiava quasi più ma poi, un giorno, è tornato a casa arrabbiatissimo perché aveva preso una multa, gridava, io ero spaventata e ho rovesciato la bottiglia dell’olio. 

Ha cominciato a picchiarmi davvero forte e, quando sono scivolata a terra mi ha presa a calci. 

Ho perso il bambino e piangevo sempre ma mio marito ha detto che non dovevo fare tante storie, che eravamo giovani e ne avremmo avuto un altro e ho dovuto smettere di piangere perché, se si accorgeva che lo avevo fatto, mi picchiava. 

Poco tempo dopo è venuta ad abitare con noi la mia sorellina per frequentare le medie che in paese non c’erano. 

Lui non le toglieva gli occhi di dosso, le sorrideva, la accarezzava e, una notte, ho sentito che si alzava e andava nella sua stanza. 

Ecco, signor giudice, io forse prima non lo odiavo ma, quella notte, paralizzata nel mio letto, con gli occhi sbarrati nel buio, ascoltando i gemiti disperati di mia sorella, io, quella notte, spinta dalla disperazione e dalla paura per lei, ho dolorosamente partorito quell’odio che, a mia insaputa, da anni mi cresceva dentro, al posto di quel figlio che tanto desideravo. 

Era un odio affilato, duro, implacabile e senza appello: signor giudice, è in quel momento che ho deciso che lo avrei ucciso, anche se non era una bella cosa.

 


 

Commenti

  1. Bel testo,Agnese. Arriva diretto come un pugno nello stomaco!complimenti!

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  2. Una storia decisamente attuale e vera

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  3. Racconto che ti travolge e ti mette a confronto con delle emozioni che si spera di non dover mai provare. P.C. Molto brava!!!

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  4. Toccante e intenso. Con poche parole fa venire il desiderio di continuare a leggere e sapere come continua la storia.

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  5. Grazie a chi mi ha fatto conoscere questo blog dandomi la possibilità di leggere dei testi spontanei e originali. Questo racconto, in particolare, mi ha commossa. La protagonista è più vittima che colpevole!

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