Ottavo incontro di scrittura creativa.
Ognuno ha il proprio concetto di narrazione che non sempre coincide con il proprio stile.
Succede spesso che i partecipanti a un
corso di scrittura dicano che vorrebbero scrivere come… e inseriscono questa
possibilità tra gli obiettivi.
Pur comprendendo quanto farebbe piacere essere
un secondo Manzoni o Simenon, non posso fare a meno di pensare che è come dire:
vorrei vivere la vita di un altro e non la mia.
Non ci sono stili migliori di altri. Ci sono
stili e basta!
Possono piacere o non piacere
esattamente come possiamo piacere o non piacere noi come persone, ma proprio
come accade nella vita il «cambiamento» avviene solo nel momento in cui si è
capaci di accettare ciò che siamo.
Il modo in cui scriviamo è unico e può modificarsi,
crescere, cambiare oppure rimanere fermo, bloccato. La scrittura è un percorso.
Lo stile il suo compagno di viaggio.
Atto unicodi G.F.
Pomeriggio afoso di tardo settembre. La
sala d’attesa della Guardia Medica di Rocca Cannuccia è una stanza con poche
sedie di ferro e qualche macchia d’umidità alle pareti. Si spalanca la porta
violentemente. Paolo, visibilmente incavolato, entra e fa cenno a Francesca,
che lo segue, di sedersi in uno dei posti rimasti vuoti. Tutti gli astanti
hanno l’aspetto sofferente o annoiato. Dietro loro due entra una ragazza di
colore con un bel pancione da gravidanza avanzata.
Si ferma in un angolo, con aria
intimidita, ma Paolo le indica la sedia vicino a Francesca. Lui, sempre più
aggrondato, si siede per terra, appoggiato alla parete. Indossa dei jeans e non
è affatto preoccupato di sporcarli su un pavimento non esattamente pulito.
Al loro ingresso le altre persone si
sono girate a guardare Francesca che nasconde metà del viso dietro una grande
foglia di acero rosso. Per un momento la curiosità ha la meglio, poi ripiombano
tutti nei loro pensieri. Paolo si rivolge a Francesca:
“Potresti anche smetterla con la tua
pagliacciata!” esclama tra i denti.
“Chiamala come vuoi. Saprò ben io come
definirla al momento opportuno!” replica lei piccata.
“Non fare la vittima. Ti piace essere al
centro dell’attenzione, vero?” quasi grida lui.
“Sei solo un vigliacco: prima alzi le
mani, poi hai paura di affrontare le tue responsabilità!”
“Non ho paura di niente. Vigliacca sei
tu che ti nascondi con quella ridicola … roba!”
“Aspetta che abbassi questa ridicola
roba, come la chiami tu! Tutti vedranno come mi hai ridotta!” ribatte Francesca.
I due hanno sensibilmente alzato la voce
La ragazza di colore si avvicina piano a
Francesca: “Scusa, Mi chiamo Jamila. Posso vedere cosa ti ha fatto?”
Francesca le permette di guardarle il
viso e dietro la foglia le due parlottano fra di loro. Si recepiscono solo
esclamazioni di stupore e indignazione da parte di Jamila e di lamento da parte
dell’altra.
Intanto Paolo, cercando di captare le
loro parole, tiene il volto tra le mani. Comincia a pensare che quella storia
rischia di costargli cara. Perché’ non si è controllato invece di lasciarsi
prendere dall’ira? Certo lei lo ha provocato, ma in fondo era soltanto una
sciocchezza. Conclude tra sé amaramente che la gelosia è una cattiva
consigliera.
Intanto le due ragazze hanno alzato
leggermente la voce. Paolo si fa più attento.
“Abiti in questo paese?” sta chiedendo
Francesca.
“Ci sono arrivata da poco. Sono nata in
Somalia, ma risiedo in Italia da quando ero piccola. Emigrata con i miei:”
“Di quanti mesi sei?” le chiede
Francesca.
“Sette mesi. Da qualche giorno ho tanto
mal di schiena. Voglio che la dottoressa mi controlli. Ho paura per la mia
bambina!” Poi continua: “Non ho soldi. Solo problemi!”
“Perché dici così?”
“E’ una storia lunga-risponde Jamila.
Per mia disgrazia sono bella e so di esserlo. Ho conosciuto un uomo che mi ha
promesso qualsiasi cosa, se posavo per lui. Mi sono illusa di diventare una famosa fotomodella e invece… la vanità mi
ha tradita!”
“Cosa ti ha fatto?” ribatte Francesca.
“Mi ha usato violenza e adesso...mi
ritrovo con un figlio in arrivo. Sola…”
“Che brutta storia! Tutto ben più grave
di quello che ho patito io .Anch’io sono vanitosa, Jamila.
Ho voluto divertirmi con un altro e ho
fatto ingelosire Paolo. Con questo non lo scuso certo!” Così dicendo
Francesca si rivolge bruscamente a
Paolo:
“Sei stato uno stupido bastardo a
lasciarti andare così! Alzati da quell’angolo, adesso! Jamila qui ha bisogno
d’aiuto!”
Paolo lentamente si alza e si avvicina.
Adesso parlottano in tre. Concludono che Jamila non ha bisogno urgente del
medico e Francesca neppure. Decidono di recarsi nel bar più vicino: una merenda
sostanziosa farà bene a tutti e tre, anzi a tutti e quattro. Escono. Francesca
lascia la foglia sulla sedia, forse se ne è dimenticata, forse tornerà a
riprenderla...
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