Tredicesimo incontro di scrittura creativa.

 


La differenza tra un corso di scrittura creativa individuale e quello fatto all’interno di un gruppo (che sia in presenza oppure on-line) sta essenzialmente nel «vedere» quali emozioni e sensazioni, ciò che si è scritto genera in chi ascolta.
Affinché questo avvenga è necessario che vi sia fiducia tra i partecipanti, rispetto dei contenuti che l’autore decide di condividere, empatia e assertività.
Senza queste condizioni, anche il più bravo degli allievi, non si sentirà «libero» di raccontarsi, di mettersi in gioco, di sperimentare la narrazione di sé.
Per parlare di emozioni, è necessario sapere che quelle stesse emozioni saranno accolte … sempre.
Il testo che vi propongo oggi parla di rabbia.



Rabbia! Quella volta in cui …
di A.S.

 

No! Non, voglio parlare di un caso specifico, anche se ce ne sarebbero, ma forse proprio per questo voglio parlare della rabbia come sentimento.

Di quello stato d'animo che mi toglie lucidità e controllo.

Di me, del mio «sentire me stessa» e gli altri perché è uno stato emozionale tale da compromettere ogni possibile «presenza» e «partecipazione» (potremmo dire) a ciò che percepisco diverso da ciò che invece probabilmente «è».

Proprio per questo, in una sorta di sillogismo, che posso dire: la rabbia «fa paura».

È LEI che mi toglie l'immagine che ho di me, portando in superficie parti sconosciute o forse solo «evitate di conoscere o riconoscere» forse perché mi rendo conto che è in questa emozione che metto in evidenza un'altra parte del mio essere, più profonda, che nello stato di «quiete» riesco invece a tenere a bada, ma che devo accettare come parte «viva».

A questo punto potrei azzardare l'ipotesi che «è solo nella rabbia che siamo veramente noi stessi... che sono veramente me stessa... perché libera di alleggerirmi di tutte quelle sovrastrutture di educazione e «giusti modi di fare» e che è solo ora che siamo finalmente liberi e l'anima ringrazia di non dover sottostare a quella quiete (falsa quiete) che a volte fa più male della rabbia stessa.

E quindi, da buona napoletana (anche se solo per metà) accetto di dare vita al fuoco che c'è in me... al mio Vesuvio!!




Commenti

  1. Considerare la rabbia una libertà perché si è stessi può essere rassicurante. Mi sembra che nonostante la condivisione di rabbia come emozione forse la cosa che mi colpisce è la possibilità di non riuscire a controllare la rabbia che come il Vesuvio può eruttare e manifestarsi all' improvviso.

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