Venticinquesimo incontro di scrittura creativa.

 

Ci avviamo verso la fine di questo corso durato 8 mesi.
Certo, ci sono ancora 5 incontri prima dei saluti estivi e tanto lavoro ancora da fare per il progetto che abbiamo in serbo.
Non vi anticipiamo nulla. Sarà una sorpresa e una occasione per quanti ci hanno seguito e ancora lo fanno, di leggere testi inediti e selezionati.
Per ora vi lascio a un nuovo racconto. 
Ogni commento sarà, come al solito, assai gradito.


Alberi.
di A.C.

 

Mi sveglio sentendo alcune voci in giardino. Apro la finestra.

È una splendida giornata di giugno, l’erba luccica sotto il sole, dopo le piogge degli ultimi giorni.

Vado in cucina per fare il caffè. È la prima cosa che faccio per cominciare la giornata.

Il caffè è adatto per me a tutte le ore, ma quello del mattino ha un gusto particolare.

L’unico periodo in cui non lo sopportavo è stato quello della gravidanza di Maxi, che oggi ha tredici mesi.

Guardo il giardino popolato di arbusti sparuti che un giorno diventeranno alberi. Abbiamo cominciato l’anno scorso a piantarli e sembrano sempre troppo pochi.

Mi dicono però di non aggiungerne altri perché fra qualche anno si ruberanno la luce e saremo costretti a sfoltirli. Al momento mi sembra impossibile, comunque non voglio rinunciare a piantare una sofora. L’abbiamo ordinata da tempo, ma non arriva mai quella giusta.

Amo quell’albero, legato alla mia infanzia con ricordi indelebili. Quando andavo in campagna, dai miei cugini, durante le vacanze estive, trascorrevamo interi pomeriggi sotto la sua chioma centenaria che formava un grande ombrello. Avevamo lo spazio per giocare, per leggere e per fare i compiti, raramente! Qualche volta avevamo il permesso di trascorrere la notte sdraiati su pagliericci, custoditi dai suoi rami, attraverso i quali ammiravamo le stelle e ci scambiavamo le prime confidenze. Erano i nostri pigiama-party!

Mio marito mi chiama. Lo vedo in giardino con due uomini che stanno scavando.

“Finalmente è arrivata la tua sofora! Vieni a vederla!” mi dice.

“Faccio il caffè, poi vengo.” Rispondo.” Mi raccomando, piantatela nel punto che abbiamo scelto.

Deve vedersi da tutte le angolazioni! Vieni anche tu a prendere il caffè?” 

“Arrivo!” Mentre si avvia.

Sento il gorgoglio del caffè che sta arrivando.  Ma…. quando comincia a spandersi il suo profumo, improvvisamente, un senso di nausea mi assale.

Faccio mentalmente due conti. Ma se avevamo programmato di aspettare ancora un anno!

Intanto entra mio marito. Con voce funerea gli annuncio: “Il caffè mi fa venire la nausea!”. Mi guarda incredulo, poi si avvicina, ci abbracciamo e sorridiamo. Dopo il primo momento di sgomento, siamo felici, mentre pensiamo ai mille problemi che dovremo risolvere.

Raffaella è nata il 6 marzo dell’anno successivo, lo stesso giorno del mio compleanno.

Sono ormai passati cinquant’anni, qualche ramo della sofora ha cominciato questa primavera a sfiorare l’erba sottostante. L’ombrello è quasi completo. I miei figli non hanno potuto utilizzarlo, i miei nipoti hanno cominciato a “fare la casetta” qualche volta, chissà se i miei pronipoti lo apprezzeranno.

Comunque è, e resterà sempre, la SOFORA DI RAFFAELLA..




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