Ventiquattresimo incontro di scrittura creativa
Sono ripresi dopo la pausa pasquale gli
incontri del corso di scrittura creativa.
Poiché abbiamo in serbo un progetto
ambizioso che dovrebbe concretizzarsi il prossimo anno, alcuni degli esercizi
assegnati hanno lo scopo di sperimentare regole, stili, modalità narrative
utili ad affrontarlo.
I personaggi sono sempre un argomento
complesso. Il rischio è di non riuscire a far sì che il lettore empatizzi con
loro, oppure arrivi a detestarli, odiarli …
Nel testo che segue l’autrice intente
proporne uno bizzarro lasciando a noi la decisione di cosa o chi lo renda tale.
CICCINO
S. B.
Tutti i giorni, prendo la bici e faccio
un giretto al boschetto di acacie fuori dal paese. In ogni stagione dell’anno
c’è sempre qualcosa da scoprire.
Pedalo sino all’ultima casa quella piccola,
di pietra grigia, con una porta di legno scuro con l’architrave rotondo, due
finestrelle, sempre chiuse. Le passo accanto poi giro a destra sulla stradina
dei campi.
Pedalo a tutta velocità, a un tratto
alzo la testa e mi fermo di colpo, quasi cado dalla biciletta. La porta della
casetta è aperta, strano, è disabitata da anni.
Rimango nascosto dietro un cespuglio a
guardare. Un ometto, con pantaloni scuri su cui penzola una camicia a quadri
viola, è affaccendato a trascinare fuori dalla porta dei vecchi mobili; una
sedia, un tavolo, una rete da letto, un materasso mal concio e delle coperte
che stende sul filo teso in mezzo al cortile.
Chi sarà? Devo scoprirlo. Torno a casa.
“Mamma, nella casetta piccola, quella
infondo al paese, c’è un uomo!”
“Allora è tornato! Mi aveva detto
Maddalena che Ciccino voleva venire a casa”
“Ciccino, ma chi è?” chiedo
“Era un ragazzo quando è partito per
cercar fortuna”
“E dove è andato?”
“Dicevano si fosse imbarcato per paesi
lontani”
“Ma come si chiama?” Mamma risponde
decisa “Ciccino, noi l’abbiamo sempre chiamato così”
“Si, ma il suo vero nome qual è?” sono
curioso
Mamma ci pensa un poco “AH, mi pare…
Francesco, Franceschino, Franchino, Ciccio… Ciccino”
“Grazie Mamma!” riparto senza ascoltare
cosa mi dice ancora.
Attraverso il paese, sulla porta della
Macelleria c’è il signor Giovanni “Gino, dove vai così veloce?” grida.
Mi fermo di botto “Signor Giovanni lo
sapete che è tornato Ciccino?”
“Qualcuno mi aveva detto che voleva
tornare a casa era stanco di fare l’aviatore!”
“L’aviatore?” sono un poco perplesso “ma
voi signor Giovanni sapete qual è il suo vero nome”
Il rubicondo macellaio si gratta la
pelata pensieroso. “AH. Si… mi ricordo, si chiama Domenico, Domenichino, Mimmo,
Mimmino … Ciccio Ciccino”
“Ho capito” rispondo sempre più
perplesso “arrivederci signor Giovanni” e riparto deciso con la mia biciletta.
Arrivato in piazza della chiesa vedo Don
Carlo seduto sulla panchina all’ombra vicino alla statua della Madonna che
legge il breviario.
“Buongiorno Don Carlo lei sa che…” non
mi lascia finire la frase e con uno sguardo di disappunto, dice “Gino, questa
mattina non sei venuto alla prima Messa delle sette!”
“Avevo mal di pancia ma, domani mattina
vengo. Lo sapete che è tornato Ciccino?”
Don Carlo scuote il capo “quel
miscredente!” lo guardo perplesso poi lui continua “è tornato dall’Unione Sovietica,
quel comunista.”
“Ma, voi sapete come si chiama, l’avete
battezzato?” oso chiedere.
“Io non ho proprio battezzato nessuno
perché, quando sono arrivato era già partito. Mi raccontava Don Biagio, pace
all’anima sua” si fa il segno della croce “che lui non lo voleva battezzare
perché il padre era un bolscevico e voleva dargli un nome da miscredente. Poi,
per non far piangere quella brava donna di sua mamma, l’ha battezzato
aggiungendo al nome Maria”
“Quindi come si chiama?” insisto
“Allora” sospira don Carlo “mi sembra…
Vladimiro, Vladimiro Maria. Poi è diventato Miro, Miruccio… Ciccio, Ciccino”
“Grazie Don Carlo” riparto a tutta
velocità mentre lo sento gridare “Ti aspetto domani mattina…”
Torno dietro il cespuglio davanti alla
casetta. Ciccino è fuori, ha aperto un grande cavalletto, sopra c’è un foglio
bianco. In mano ha una tavolozza e un pennello, sta dipingendo.
Mi avvicino, sono proprio curioso.
Chissà cosa dipinge un uomo che ha girato il mondo.
Sul foglio ci sono sagome scure dentro a
caverne i colori sono cupi, dal marrone, al grigio al nero.
Ciccino si accorge di me, mi sorride
“chi sei ragazzo?”
“Mi chiamo Gino sono il figlio di
Lisetta, la sarta.”
“MI ricordo di tua mamma, una bellissima
ragazza.”
Oso “Lei dipinge bene ma, perché tutti
così scuri? Non potrebbe mettere i colori del mare e del cielo che ha visto.”
Le rughe profonde del suo viso si
atteggiano quasi in un ghigno. “E chi l’ha visto il mare e il cielo poi… ho
passato dieci anni in una miniera in Belgio. Entravo sotto terra che era buio
ed uscivo che era ancora più buio.”
“Adesso sono tornato voglio stare alla
luce più tempo possibile e voglio solo dipingere” sorride dandomi un buffetto
sulla guancia.
Prendo coraggio e chiedo “signor
Ciccino, qual è il suo vero nome?”
Si gratta i radi capelli grigi “quasi
non lo so neppure io, tutti mi hanno sempre chiamato così! Ma tu, chiami
Vincent come il pittore!”
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