Buon fine settimana!

 

Piccola Mary
di Gianna Fossati


Immerso in un sonno pesante, sentì vagamente una suoneria, ma non si rese conto che era il telefono e che sua moglie si sporgeva sopra di lui per rispondere.
No, non era la pelle morbida e profumata della piccola Mary che lui nel sogno stava stringendo a sé. Era il gomito rugoso di sua moglie che lo riconduceva alla realtà e la voce inconfondibile del telefono era quella della Centrale.
“Maledizione, una rapina! ”biascicò Bob, afferrando i pantaloni. Sua moglie sbuffò guardando la radiosveglia che segnava le tre. Sempre troppo presto per un uomo che contava i giorni che lo separavano dalla pensione. Si vestì automaticamente e, come per anni aveva fatto, scese alla sua auto e si sintonizzò sul canale dedicato. Si parlava di un emporio nella Trentacinquesima.
Bob pensò subito a un balordo o a qualche tossico, come da routine. Ma mentre si augurava di non dover usare la Beretta M9 che portava alla cintura e che negli ultimi tempi gli pesava sempre di più, la radio gracchiò: ”Agente a terra!”.
Un barlume improvviso illuminò la sua mente intorpidita e realizzò, come in un incubo, che quella notte l’auto di pattuglia nella Trentacinquesima portava, insieme a Mike Duncan, l’ultima recluta del distretto, quella che lui chiamava la piccola Mary e che aveva sognato ogni notte di abbracciare. Sentì una morsa gelida serrargli la gola intanto che pigiava l’acceleratore a tavoletta. Di lontano i lampeggianti di un’ambulanza gli ferirono gli occhi. Frenò e balzò a terra nel momento stesso in cui i lampeggianti venivano spenti.
Mai aveva sentito le gambe così pesanti come quando si avvicinò al fagotto in divisa con i capelli biondi sparsi sul selciato.
Bob non capì le parole concitate che Duncan gli rivolgeva.
Sapeva soltanto che a terra avrebbe dovuto esserci lui, il vecchio capo che aveva mandato a morire la più bella e la più inesperta recluta del distretto. 

 


 

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