Non manca poi molto al Natale! Buon giovedì!

 

L’importante è crederci
di Patrizia cancelliere 

Ciò detto scese con lei in cucina e diede un’occhiata in giro, per vedere se c’erano novità a conferma delle sue teorie. La Bea lo seguiva, timorosa, dopo la sparata che lui aveva fatto la sera prima; purtroppo, Enrico aveva spesso ragione ma lei sperava con tutto il cuore che questa volta si sbagliasse. 

Bea e Enrico, Enrico e Bea, mai visti un fratellino e una sorellina più legati. Li separavano a malapena due anni d’età ma Enrico, 8 anni, aveva subito interpretato il ruolo del maggiore responsabile e affettuoso e si occupava di Bea, 6 anni, con tenerezza e sollecitudine. Da sempre, iniziate le vacanze di Natale, tutta la famiglia si trasferiva in montagna, nella casa dei nonni, per una ragione ben precisa. Nella accogliente cucina si allestiva il grande albero, illuminato di lucine magiche e ornato di antiche, delicate palline di vetro che i bambini potevano guardare ma non toccare; nell’angolo in fondo in fondo, quasi vicino all’enorme presepe che il nonno preparava con cura per i suoi nipotini andando a raccogliere il muschio profumato nel bosco, c’era un camino gigantesco, l’ideale per permettere a Babbo Natale di calarsi e portare i doni per Enrico e Bea, che dormivano fiduciosi al piano di sopra.

Bea era una piccola, grande organizzatrice e preparava sul tavolino basso fra le poltrone un allegro vassoio con tovaglietta e abbinata con dei mandarini per Babbo Natale e qualche pezzo di pane secco per le renne; di sicuro avrebbero avuto bisogno di ristorarsi e riposarsi un attimo in una notte così lunga e faticosa! E poi Bea chiedeva al nonno di spegnere con cura il camino e controllava di persona che, sotto la cenere, non covasse qualche pericolosa brace che potesse bruciare gli stilosi pantaloni rossi di Babbo Natale. Quando era tutto pronto, prendeva Enrico per mano e, saltellando e chiacchierando tutti eccitati, raggiungevano la loro stanzetta e si infilavano sotto il piumone. 

Quest’anno, però, Enrico era svogliato e disattento. Bea lo aveva messo alle strette la sera della vigilia e, alla fine, lo aveva costretto a confessare la ragione del suo malumore: aveva captato alcuni discorsi dei suoi compagni che affermavano che Babbo Natale non esiste. Non avrebbe voluto dirlo a Bea per non turbarla ma lei aveva tanto insistito. E ora lui era dubbioso e lei indignata! “Ma come, Babbo Natale non esiste! Non può essere vero! È disegnato sui i libri per bambini, lo abbiamo visto anche nei film, sappiamo i nomi delle sue renne… e allora, chi porta i doni a tutti i bimbi del mondo? Io l’ho visto anche al Centro Commerciale, in carne e ossa, e mi sono seduta in braccio a lui!” Ma Enrico, scettico, non si lasciava convincere “Nessuno può scendere dal camino senza rompersi qualche osso,” obiettava, “poi è talmente grasso che non ci passa, dal camino! E le renne che volano, non si sono mai viste! E come fa a portare i doni a tutti i bambini del mondo in una notte? È impossibile!!!” Bea aveva gli occhi pieni di lacrime e ripeteva “Non capisci… è una magia… bisogna crederci…“ A Enrico dispiaceva vederla triste e, sedendosi vicino a lei, le aveva proposto un trucco al quale aveva pensato a lungo per verificare l’esistenza di Babbo Natale. Bea aveva subito accettato e, piano piano, per non svegliare il resto della famiglia, erano scesi nel salotto e avevano cosparso con un velo dí borotalco il pavimento davanti al camino. 

La mattina di Natale Enrico aveva decretato, serio serio, “Andiamo a vedere!” E erano scesi, timorosi, lui quasi sicuro di non trovare alcuna impronta e Bea sperando di trovarne una bella grossa! E infatti eccola là, l’orma di un grande scarpone dalla suola spessa e rugosa si vedeva chiaramente tra il camino e il tavolino. La Bea era felice, abbracciava tutti ridendo e gridava "Lo sapevo, lo sapevo, Babbo Natale è venuto! Lo sapevo!”  Il nonno si era accomodato nella sua poltrona preferita, prendendo la bimba in braccio. “Nonno, guarda, l’impronta di Babbo Natale!” Aveva detto Bea, mostrandogliela. Ma gli occhi di Enrico, invece, erano caduti su uno degli scarponi del nonno, con la suola tutta sporca di bianco. Stava per dire qualcosa quando lo sguardo dolce del nonno aveva intercettato il suo, gli aveva sorriso e gli aveva fatto segno di tacere mettendosi un dito sulle labbra. Ma sì, perché no? Aveva pensato Enrico. Se è una magia, l’importante è crederci!  Ed era corso via, felice, a spacchettare i suoi regali.




 

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