Immaginare, ricordare, creare, narrare ...

 

L’ho già visto quel viso
di Emilia Bove
 
“L’ho già visto quel viso”, pensai guardando l’uomo sdraiato sul lettino accanto al mio e ci vollero ore per ricordare dove.
In quel tempo passato uno a fianco all’altro senza dire una parola, avevo cercato di farmi venire in mente dove avessi potuto conoscerlo. Siccome dove ci trovavamo non c’era molto da fare ed in qualche modo bisognava trascorrere quell’intervallo prima che ci portassero al reparto a cui eravamo destinati, lo studiai molto bene ma inutilmente. 
Il suo viso aveva profonde rughe che denotavano che avesse sofferto in un passato relativamente recente, ma ora era stranamente calmo e rilassato come se si fosse lasciato alle spalle tutto senza rimpianti.
Non riuscivo proprio  a ricordare  dove l’avessi visto eppure avevo passato in rassegna tante esperienze della mia vita ma nessuna sembrava includere quel viso, probabilmente dovevo tornare ancora più indietro con il tempo.
Intanto attorno a noi   delle voci concitate ci raggiunsero, un signore con un camice bianco urlava perché quei due letti fossero ancora lì e nessuno avesse pensato di portarli  via. Un uomo in camice verde  si era  scusato dicendo che c’era molto da fare e purtroppo non si riusciva a stare dietro a tutto. Lui e un altro  cominciarono a spingere i nostri  due letti con malavoglia borbottando qualcosa di incomprensibile.
Pochi minuti dopo entrammo in una camera, ebbi un brivido di freddo, o almeno così mi sembrò.
I due infermieri ci  appoggiarono su due letti senza lenzuola con poco  riguardo; lui, lo sconosciuto  fece una smorfia strana mentre l’appoggiavano nel posto accanto al mio, quasi un sorriso sardonico.
In quel momento nella mia mente  si aprì una finestra ma fui distratta dai due uomini che si lamentavano del triste destino di  un lavoro ingrato.
Poi uno dei due sembrò pensarci e disse guardandoci con tristezza che sicuramente noi stavamo peggio.
“Non sembrano neanche tanto vecchi”  mormorarono, talmente piano che la loro voce mi arrivò spezzata.
L’avevo immaginato, eravamo morti ma come era possibile che io fossi ancora cosciente ,  probabilmente una parte di noi  moriva più tardi o magari mai. 
Mi misi a ridere ma quasi certamente nessuno se ne accorse, neanche il mio compagno di sventura, che adesso ricordavo perfettamente, conosciuto ad una festa era stato il   primo ragazzo che avevo amato incondizionatamente, che mi aveva promesso eterno amore, ma che  l’anno dopo entrando all’università se ne era già dimenticato lasciandomi da sola ad affrontare quella che allora fu per me una  grande sofferenza.
Adesso insieme ci stiamo avviando verso l’eterno. Che scherzi fa la vita,  chi lo avrebbe mai immaginato, ricongiunti nella morte. Ti avviso, togli quel sorriso dalla tua bocca perché  se la nostra strada sarà comune, per te sarà un tormento perpetuo perché non ti darò scampo.





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