La creatività va in vacanza? Riflessioni narrative e proposte di lettura per chi resta in città e per chi è in vacanza.
Si è concluso lo scorso mese il corso
annuale di scrittura creativa presso l’Unitre di Alessandria. I partecipanti si
sono salutati con una festa di chiusura ma non hanno smesso di scrivere, anzi.
Continueremo a proporvi racconti nella
speranza che possano interessarvi, piacervi e siano uno stimolo, per chi ha un
testo nel cassetto o la voglia di mettersi in gioco, di far parte con noi del
prossimo nuovo viaggio narrativo.
Cosa scriveranno? Ogni settimana
proporrò un incipit tratto da un libro e loro continueranno la storia.
L’incipit di questa settimana era: “Ogni
sera alle sei un senso di attesa riempiva la casa, animando il lungo pomeriggio
vacuo e irreale.” Da La canzone da sei soldi di Cronin.
di Gianna Fossati
Ogni
sera alle sei un senso di attesa riempiva la casa, animando il lungo pomeriggio
vacuo e irreale.
Perché
i pomeriggi d’estate in città, per Anna, erano spesso interminabili e monotoni,
senza compagni di gioco, soprattutto quando il cielo si faceva plumbeo e un’afa
opprimente induceva a sperare soltanto in un temporale.
Anna
non si sbagliava mai, però, a contare sulle piccole dita i sei rintocchi.
Diventava più inquieta, nell’atmosfera sospesa che la circondava: sapeva che
qualche cosa sarebbe successo.
Al
trillo rauco del campanello della bici che risuonava sotto il portone scattava
finalmente come una molla, saltellando verso la porta. Lui entrava e si
spogliava degli abiti da lavoro. Non si scambiavano particolari effusioni. Anna
aspettava fremente, senza chiedere nulla.
Bevevano
entrambi un po’ d’acqua fresca poi lui le diceva: “Vuoi che andiamo?”
Bastava
un sì convinto e scendevano.
Papà
la issava sulla canna della bici, raccomandandole di tenere le gambe ben
distese e le mani ferme sul manubrio. Attraversato lo stradone, raggiungevano
il lungo viale di tigli dove finalmente un refolo di vento si faceva sentire.
Lui pedalava con calma, godendosi quel poco di fresco, lei chiacchierava
indicando le rare auto o cercando con la manina di raggiungere i rami più bassi
sotto cui passavano. Verso la metà del viale Anna si sporgeva per individuare
un albero “speciale”. Papà
fermava la bici e la faceva scendere vicino a una panchina.
Lei gridava:
“È quello! L’ho visto!”
“Aspetta.
Forse ti sbagli. Siedi un momento lì. Io lo cerco!”
Anna
sedeva al colmo della curiosità e dell’eccitazione.
Lo sa
il cielo per quale strana magia lui riuscisse a incastrare un mentino nero
nella corteccia di un albero.
“L’hai trovato, papà?”
“Vieni a controllare
tu!”
E lei
correva. Era così piccolo quel pezzetto di liquirizia che avrebbe potuto sfuggire
anche all’occhio più esperto, ma non a quello della bambina.
“Papà, è questo! L’albero l’ha fatto ancora!”
“Puoi mangiarlo, se vuoi!”
Anna
non se lo faceva ripetere. Conosceva bene quel gusto forte e amarognolo!
Succhiava soddisfatta il frutto dell’albero dei mentini, sporcandosi di nere
mani e bocca, ma non smettendo di guardare con sconfinata ammirazione il papà
così grande e così abile a far produrre i tigli del viale.
Tutte
le sere. E come tutte le sere lui e lei rientravano lentamente. Era ormai ora
di cena.
Delizioso.
RispondiEliminaUn racconto dolcissimo, brava Gianna. Hai creato la magia di un grande amore tra un papà e la sua bambina. Sandra
RispondiEliminaCara Sandra,era mio padre!
RispondiEliminaTenera la bambina, grande il papà. Brava Gianna. Leggendo il racconto...si sta bene!!!
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