Il racconto di Patrizia Cancelliere
Il potere della pennadi Patrizia
Cancelliere
Questo accadde in un paesello del modenese, più di 250 anni fa, a quei tempi non era come oggi, la scuola si apriva solamente a chi aveva da pagarsi il maestro. Il signorotto di quella zona, che governava su quelle terre e sugli abitanti, quando era un bambino, odiava lo studio. Il suo babbo, che era ricco e potente, fece venire un precettore per insegnargli a leggere, scrivere e far di conto.
Ma il ragazzino, che si chiamava Raniero, era testardo e prepotente e il povero maestro, seppur ben pagato, non riusciva a far entrare nulla nella zucca vuota del suo allievo, nemmeno a suon di bacchettate sulle dita. Raniero, invece, primeggiava in tutti gli sport, amava la caccia, la pesca, andare a cavallo e battersi con gli altri bambini ma di studiare non se ne parlava proprio. L’astuto precettore, però, aveva notato che Raniero era grande amico di Edgardo, il figlio del guardacaccia, che, al contrario, era un bambino tranquillo e riflessivo, curioso di sapere e interessato allo studio.
Propose di farlo partecipare alle lezioni, nella speranza che Raniero, a rimorchio dell’amico, si appassionasse allo studio. Si avviò, così, una strana classe in cui il povero imparava e il ricco guardava fuori dalla finestra e sognava di andar per nidi e cigli di fossi. Durante le lezioni, a volte Raniero dormiva mentre Edgardo faceva i compiti.
I tre strinsero un patto e decisero di passare sotto silenzio la situazione, ciascuno con motivazioni diverse: il precettore, che non era riuscito ad educare Raniero, temeva di essere cacciato o peggio, Edgardo, che ormai viveva a palazzo e studiava con profitto, non voleva certo dover tornare nella capanna in mezzo al bosco mentre Raniero aveva una sacrosanta paura delle ire di suo padre che, in caso di necessità, non si faceva scrupolo di picchiarlo con la cinghia e, venendo a sapere di essere stato preso in giro, e anche per lungo tempo, si sarebbe sicuramente tolto la soddisfazione di punirlo a dovere.
Pochi anni dopo, Raniero diventò signore delle terre di famiglia, essendo prematuramente morto il padre per una caduta da cavallo. Edgardo fu sempre più indispensabile per lui che non sapeva scrivere e redigere nessun atto per il governo delle sue terre. Quando Raniero gli chiedeva di emanare un proclama che alzasse le tasse di una cifra esosa e assurda, Edgardo la riduceva di un terzo e lui firmava tutto quello che gli metteva sotto il naso, preoccupandosi solo di fare la bella e ignorante vita, di andare a caccia, divertirsi con gli amici e con le donne di facili costumi.
Fu così che le condanne a morte diventarono fogli di via, gli espropri dei terreni vennero condonati in modo che i contadini potessero continuare a coltivare la terra, le tasse si mantennero accettabili e i possedimenti prosperarono.
Il popolo amava Raniero per la sua grande benevolenza. Lui ne era molto soddisfatto e andava in giro tronfio, convinto che, al contrario, lo temessero ma lo stimassero per le sue notevoli doti di governante. Nessuno poteva immaginare che non sapesse né leggere né scrivere perché il suo segreto veniva ben custodito.
Un giorno Raniero vide per strada Lisetta, la bella figlia del più ricco mercante del paese, e se invaghì. Edgardo e Lisetta da tempo si amavano in gran segreto e progettavano di sposarsi ma ora, come fare a rifiutare la corte del signore del paese senza incorrere nelle sue ire? La giovane piangeva disperata ma Edgardo la consolò: aveva un’idea per salvare il loro amore e fuggire lontano con lei.
Scrisse una missiva al signore del paese vicino a nome di Raniero, chiedendo la mano di sua figlia per unire i loro possedimenti e, allo stesso tempo, scrisse una lettera a Raniero, a firma del signore del paese vicino, piena di lodi e complimenti che accarezzavano il suo ego ipertrofico, nella quale gli proponeva la mano di sua figlia per unire le loro terre.
La fama di Raniero e del suo prospero paese
era tale che il vicino non poté rifiutare e anche Raniero, lusingato, non poté
esimersi dall’accettare la proposta, nonostante la ragazza fosse brutta come il
peccato. L’equivoco non fu mai chiarito, il matrimonio, sfarzosissimo, fu
organizzato in fretta e Lisetta, sul momento, dimenticata. Il giorno delle
nozze, a Raniero fu consegnata una lettera “Mio Signore”, diceva, “per tutta la
nostra vita sono stato, per mezzo della mia penna, il vostro cuore e la vostra
mente. Ora, insieme alla mia penna e al mio amore, vado lontano a cercare la
mia vita. Vi auguro ogni bene, Edgardo”
Non potendo ammettere di non saperla leggere, Raniero scorse la
lettera e poi se la infilò in tasca. E per anni, mentre i suoi possedimenti
andavano a rotoli e tutti lo odiavano, continuò a chiedersi cosa diavolo
Edgardo gli avesse scritto e perché mai fosse sparito senza nemmeno salutarlo.
Commenti
Posta un commento