Il racconto di Gianna Fossati.

Ecco un nuovo racconto. L'incipit è tratto da "Cerchi e croci" di Ian Rankin. 
Buona lettura!


 

Io non ho paura
di Gianna Fossati 
 
La ragazzina emise un grido, uno soltanto.
Un nodo alla gola, improvviso e imprevisto come il buio che l’aveva avvolta, le impedì di emettere alcun altro suono, mentre qualcosa di morbido, quasi un soffio misterioso quanto pauroso, le sfiorava le gambe nude. Si sentì vacillare e stese d’istinto le mani avanti, senza tuttavia incontrare qualcosa di solido che la rassicurasse. Un odore d’ombra e di umidore sembrò abbracciarla, impadronendosi di tutta la sua persona.
Pensò che non doveva cadere né tanto meno abbandonarsi al panico, ma sentiva di aver perso l’orientamento. Cercò di avanzare con estrema cautela, finché non sentì al tocco dei mattoni scrostati. Un muro? Ma quale? Si pulì istintivamente le mani sudate nella gonna poi ritentò, sentendo questa volta un tessuto ruvido e una specie di lieve fiato. Un’apertura? Ma quale e per dove? Non era quella la direzione verso cui avrebbe dovuto muoversi, o almeno così credeva.
Un passo di lato e un balzo di spavento: una sostanza fra il fluido e il gommoso le si calò insidiosa sul viso. Sputacchiò, nauseata, cercando di liberare la bocca e il naso; le mani erano sempre più appiccicose e le sembrò che qualcosa di maligno e di peloso le corresse sule braccia.
“Io non ho paura!” si ripeté, mentre d’istinto si spostava sulla sinistra, sempre a mani tese.
Finalmente un cancello di legno, poi un altro. Il cuore le batteva all’impazzata. Forse... forse aveva imboccato la strada giusta.
Un’improvvisa lama di luce cadde sul vecchio telaio di una bicicletta.
“A destra! A destra!” si disse. E intravide i primi gradini della stretta scala che portava in cortile.  Si arrampicò, attenta a non cadere. In alto si apriva la porta sulla libertà.
Ansando si precipitò al rubinetto che serviva per innaffiare il giardino. Si bagnò immediatamente le mani e soprattutto il viso e le braccia. Tolti i rimasugli di ragnatela, constatò che nessun ragno si divertiva a correre per il suo corpo.
Con un sospiro di sollievo alzò gli occhi.  Tra i rami del melo Rabatèn, il gatto bianco e nero dei vicini, la fissava con sguardo indecifrabile.
Lei gli sibilò: “Brutto stupido, quando vai a caccia di topi in cantina, evita almeno di passarmi tra le gambe. Proprio tu che non ti lasci avvicinare se tento di accarezzarti!”
Rabatén socchiuse gli occhi con atteggiamento filosofico. Sull’albero era al sicuro e lei comunque non gli avrebbe mai lanciato una scarpa.
E ora? Mamma l’aveva mandata a prendere un barattolo di conserva di pomodoro perché sapeva che lei conosceva bene la disposizione delle cantine, il buco dov’era nascosta la chiave e come si azionava l’interruttore di bachelite. Ma probabilmente l’unica lampadina si era fulminata e la spedizione era fallita.
Anna pensò con rammarico se le sue esplorazioni in cantina erano destinate a finire. Poi si ripeté: “Alla lampadina ci penserà papà. In fondo, io non ho paura!”




 


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