Il racconto di Patrizia Cancelliere

 Buona lettura e buon primo agosto!


Fontamara nel cuore
di Patrizia Cancelliere

Gli strani fatti che sto per raccontare si svolsero nel corso di una estate a Fontamara.

Tutto ebbe inizio nella grande sala delle feste della casa di riposo SS. Pannolonio e Clisterio dove, in quel momento, non si sentiva volare una mosca. Cento paia d’occhi di tutti i tipi, miopi, presbiti, maculopatici o rinvigoriti dal magico intervento di cataratta, fissavano attenti Mario che, in piedi e con un microfono in mano per agevolare i duri d’orecchio, stava facendo una proposta audace, originale e inaudita. 

Va detto che, da quando Mario aveva corteggiato e poi impalmato la Egle della camera 35 nella cappella dove, di solito, si tenevano i funerali e aveva in questo modo dimostrato a tutti che la vecchiaia è solo un’opinione, era diventato una specie di leader della casa di riposo e tutti lo ascoltavano con rispetto, grande stima e una punta di invidia. E questa volta Mario e la Egle l’avevano davvero pensata bella. “Abbiamo organizzato una nursing home swapping! Chi ci sta alzi la mano!” Nessuno aveva capito di cosa mai stesse parlando, complice anche l’orrenda pronuncia inglese, ma tutti avevano alzato la mano. “Ottimo,” aveva continuato Mario, imperterrito, “allora è deciso: noi andremo per tutta l’estate nella sede distaccata di Fontamara della nostra amata casa di riposo SS. Pannolonio e Clisterio e beneficeremo dell’aria di montagna dell’Abbruzzo mentre gli ospiti di quella casa si trasferiranno qua e potranno beneficiare delle passeggiate nei vicini giardinetti.” “Fontamara non esiste, l’ha inventato Silone nel suo libro!” era intervenuto Silvio, un tempo insegnante di lettere del liceo, ma era stato subito chiamato guastafeste e zittito dai compagni, già entusiasti a scatola quasi chiusa del progetto e pronti a partire.

E dunque due pullman strapieni di anziani emozionati, nel bagagliaio un numero esagerato di deambulatori e sedie a rotelle pieghevoli e grandi pacchi di pannoloni di tutte le misure, erano partiti per Fontamara in una bella mattina d’estate, all’alba perché la strada era molto lunga. Seduto in prima fila vicino a Clelia, che corteggiava da tempo, Silvio tentava, con scarso successo, di convincerla che Fontamara non esisteva e lei pensava a quale scusa accampare per cambiare di posto. 

Le soste all’autogrill si erano trasformate in assalti all’arma bianca ai bagni, agli espositori di patatine e dolciumi, e non si contavano gli acquisti compulsivi di gratta e vinci. Clelia guardava Silvio, appena tornato dal bagno; le sembrava un po’ diverso ma non avrebbe saputo dire perché; non aveva approfondito e si era rimessa subito a leggere “Chi” per paura che lui riattaccasse  con la storia che Fontamara non esisteva. E invece esisteva e tutti erano felici delle loro nuove sistemazioni, felici di aver osato questo cambiamento che li faceva sentire giovani e coraggiosi e, soprattutto di potersi strafogare dei buoni piatti della cuoca abruzzese, la mitica Teresina, che ogni sera preparava loro “la minestrona” con una ricetta segreta della nonna di sua nonna. 

Erano nati nuovi amori e, di notte, i corridoi erano pieni di gente che passava da una stanza all’altra, in un clima da figli dei fiori. Qualcuno aveva portato l’armonica e la chitarra e la sera, intorno al fuoco acceso nel cortile, venivano suonate con bocche e dita artritiche e si cantavano canzoni dei tempi passati; qualcuno ballava e, se non andava a tempo, pazienza.

Una notizia, tuttavia, turbava Mario che, da buon capo, aveva a cuore il benessere dei suoi. Pareva che Ernesto fosse diventato muto; dal giorno del loro arrivo non aveva più aperto bocca e la Elsa, sua moglie era preoccupatissima, temeva che gli fosse venuto un attacco di demenza senile fulminante. Urgeva indagare! Mario aveva  incontrato Ernesto in giardino e lo aveva esaminato per bene. Occhio perso nel vuoto, spalle curve, guance scavate. Lo aveva salutato e aveva ricevuto in cambio solo un’occhiata stranita e sconsolata. Bisognava giocare d’astuzia! 

Mario sapeva, perché glielo aveva detto la Egle alla quale lo aveva detto la Elsa, che Ernesto aveva investito tutti i suoi risparmi in azioni della Montedison e quindi, col giornale sotto il braccio, aveva attaccato: “Hai visto, Ernesto, che disastro? Le azioni della Montedison sono crollate. Chissà quanta gente è rimasta senza un soldo, bisogna proprio essere pirla a fare una cosa simile!” Ernesto era diventato prima bianco, poi rosso e subito tutto sudato. Per un attimo Mario aveva temuto di aver esagerato, a quell’età una brutta notizia può essere fatale. 

Ernesto aveva preso fiato, aveva risucchiato le guance in dentro, ed era esploso “I miei rifparmi! Fono rimafto col federe per terra! Mi ammaffo!” Ora urgeva fare marcia indietro; non appena Ernesto aveva aperto bocca, Mario aveva scoperto tutto quello che c’era da scoprire. Aveva, quindi, aperto il giornale e aveva finto di dare un’occhiata a un articolo “Ah, no, scusa, erano bond argentini. Hai investito nei bond argentini, tu? No? Bene, allora è tutto a posto! Vieni con me a mangiare le nocciole, sono buonissime … “ e lo aveva preso sottobraccio, trascinandoselo dietro. 

Messo con le spalle al muro, Ernesto aveva confessato “Non poffo mangiare le nocciole, non ho più la dentiera, me l’hanno rubata all’autogrill! Non l’ho detto a Elfa perché lei crede che i denti fiano i miei. Le ho detto che andavo in Croafia a farmi mettere un brillantino fu un canino e invece me li fono fatti rifare tutti, tanto lei ci vede poco e non fe n’è mai accorta! Adeffo cofa farò? Mi è coftata una cifraccia, il brillantino era vero!” e una grossa lacrima era colata fra le rughe della sua guancia. Mario lo aveva guardato allibito “ma come possono averti rubato la dentiera all’autogrill?” aveva chiesto. “Fono andato in bagno a lavarla perché avevo mangiato tre Ferrero Rofè uno dietro l’altro e dovevo affolutamente pulirla per prefervare la lucenteffa del brillantino. L’ho appoggiata ful bordo del lavandino, ho rifpofto al telefono e, quando mi fono girato, non c’era più! Ho chiefto a chi era lì ma neffuno l’aveva vifta! Fono difperato, ftarò zitto per fempre, fe la Elfa lo fcopre mi laffia!” Mario lo aveva rassicurato, ora ci avrebbe pensato lui …

Non aveva dovuto cercare tanto, Mario. A pranzo la Egle gli aveva raccontato che la Clelia le aveva detto che Silvio, da qualche giorno, teneva la bocca in uno strano modo e che lei, prevedendo un ictus, lo vorrebbe sposare in fretta per via della reversibilità della pensione. Mario, patito de La signora in giallo, che è anche una bella donna, aveva avuto un’illuminazione ed era andato a fare due chiacchiere con Silvio che stava prendendo il sole in terrazza, con il magro torso nudo. Appena Silvio lo aveva salutato sorridendo, un turbinio di colori aveva accecato Mario che aveva così realizzato di aver appena ritrovato la dentiera rubata. E anche Silvio aveva raccontato la sua storia. Com’è bizzarro il destino! 

Due uomini golosi di Ferrero Rocher, che avevano nascosto entrambi alle loro amate di avere la dentiera, si erano ritrovati nello stesso bagno per dare una ripulita ai loro denti mobili ma qui il fato si era divertito e, a uno dei due, la protesi, arcata superiore, era caduta e si era rotta esattamente a metà. Panico e disperazione! Ma, sul lavandino vicino,  ce n’era una, incustodita, che il suo angelo custode evidentemente aveva messo lì proprio per lui. Ratto, l’aveva arraffata e se l’era infilata in bocca, incurante dei pezzi di nocciole semimasticate da altri. È proprio il caso di dire “a caval donato non si guarda in bocca!” Come lo si poteva biasimare? Mario non se l’era sentita, anzi lo aveva aiutato a trovare un odontotecnico nei paraggi che aveva riparato il danno, restituendo a tutti la pace e il sorriso.

Come aveva continuato ad affermare Silvio, per fortuna inascoltato da tutti, il vero paese di Fontamara non esiste ma io sono sicura che, invece, ogni vecchietta e ogni vecchietto che, a dispetto dei suoi troppi anni, abbia ancora voglia di vivere, porta nel cuore il suo personale Fontamara che non aspetta che di essere riscoperto e di nuovo gustato in una seconda e più consapevole giovinezza. 






 

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