Il racconto di Patrizia Cancelliere

Incipit assegnato: Il sole estivo infiammava la campagna e i riflessi dorati del grano maturo si perdevano nella macchia color smeraldo della vegetazione. Tratto da: Il segno dell'aquila di Butticchi. 


Il grano non si calpesta
di Patrizia Cancelliere

 

Il sole estivo infiammava la campagna e i riflessi dorati del grano maturo si perdevano nella macchia color smeraldo della vegetazione. 

Incongruenti in tutta quella luce e in tutta quella pace, i due soldati feriti, stravolti, appoggiati l’uno all’altro, rappresentavano l’oltraggio crudele dell’uomo sull’uomo e sulla natura.  Appena sbucati dalla boscaglia lussureggiante, fissavano, barcollanti e con occhi spaesati, l’immenso campo di cui non si vedeva la fine nemmeno schermando lo sguardo con la mano. Operazione Overlord, Churchill, Hitler erano stati nomi nuovi per loro, mai sentiti prima nel loro mondo sereno di ventunenni; la guerra era lontanissima, dall’altra parte dell’oceano. Ma poi quel mondo era stato spazzato via e sostituito dallo sbarco a Juno Beach, dai compagni morti, dai colpi di mortaio e dalle mine che per miracolo non li avevano uccisi.  E loro due, amici d’infanzia, avevano corso, ancora una volta fianco a fianco, sparato, gridato di eccitazione, di dolore e di paura e poi, senza sapere come, si erano ritrovati dietro alle linee tedesche, lontano dai compagni, impossibili da raggiungere se non si voleva essere spazzati via dalle mitragliate dell’ultima casamatta tedesca che stava per essere espugnata. 

Erano finiti dalla parte sbagliata, tagliati fuori dalla Terza Divisione Canadese di cui facevano parte. La folta macchia li aveva accolti, pietosa. 

Si erano nascosti meglio che potevano e avevano contato i danni: Armand aveva il naso gonfio, la divisa sporca di sangue sul petto, una mano, girata in una posizione innaturale, gli faceva un male tremendo. Paul aveva un grosso taglio sulla fronte, tremava e zoppicava; la caviglia destra era gonfia e dolorante. Avevano pianto tutti e due, senza vergogna, e poi avevano cominciato a camminare verso est dove doveva esserci il villaggio di Saint Aubin sur mer che avevano visto tante volte sulle mappe durante le esercitazioni. Paul, che Armand sosteneva col braccio buono, teneva il fucile spianato davanti a loro ma la foresta li proteggeva e i rumori della battaglia arrivavano indistinti. Il campo di grano era comparso improvvisamente, era appena fuori dalla macchia e colpiva gli occhi riflettendo il colore del sole. 

Era la via più breve; in lontananza si distingueva  la punta di un campanile. “Dobbiamo attraversare il campo”, aveva detto Armand, cercando di avere un piglio deciso.

 “No! Il grano non si calpesta mai! Mai! Me lo ha insegnato mio padre! Io non lo calpesto, hai capito?” aveva quasi gridato Paul, afferrando l’amico per la giacca “facciamo il giro nel bosco, non importa se dobbiamo camminare di più! 

La caviglia non mi fa più male!” Era chiaramente una bugia ma Armand non aveva mai visto l’amico così sconvolto e, piano piano erano arretrati nell’ombra ed erano tornati al sicuro di quella verde protezione.

Dall’altra parte dell’immenso campo di grano, proprio in quel momento un soldato tedesco aveva abbassato il binocolo  “Signore,” aveva detto al suo comandante, mi è sembrato di aver visto dei soldati al limitare del bosco!” 

“Che vengano,” aveva sibilato l’ufficiale, la mano appoggiata sulla mitragliatrice,  “siamo pronti ad accoglierli!”

 




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